Ov'anche fosse stato fornito delle più alte poetiche facoltà che natura impartisse mai a verun mortale, non sarebbe potuto riuscire in lingua morta più che ordinario poeta. Il magico accozzamento di armonia, splendore, freschezza, forza, spirito, affetto e grazia nel descrivere ogni oggetto del creato, per minuto che sia, ogni oscura e sfuggevole idea, e tutti i più comuni sentimenti del cuore, non si ottiene se non con parole, nè si potrà ottener mai, ove il poeta non maneggi la sua dizione con tanta padronanza da rifonderla in lingua di propria creazione; ed ecco forse il grande vantaggio che diede a' poeti primitivi il potersi di tanto lasciare addietro tutti i lor successori. Ma più son fatte irremovibili le leggi di una lingua, e più stretto sentesi il genio tra duri ceppi; e dov'altri vi si metta volontario, merita poca indulgenza: il Petrarca non pertanto si pose sotto a un tal giogo, qual unico mezzo di far forza all'ammirazione d'Europa; e la conseguì. Il primo libro dell'Affrica sua gli procacciò la corona in Campidoglio. Intantochè i cantatori di ballate campavano la vita canterellando i suoi sonetti per le pubbliche strade, i dotti li tenevano poco meno che indegni dell'ingegno suo; e intanto recavansi a vanto di arricchire le loro librerie d'alcun frammento di quell'epico poema delle gesta di Scipione. "Io nego" - scriveva egli al Boccaccio - "ma nego indarno: chi da me riceve un rifiuto manda prima un intercessore, poi un altro. L'importunità è cotanto ingenua e modesta!
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