Sarebbe troppo lunga istoria, s'io volessi contare l'orrore di quella notte infernale; e benchè la verità sia molto maggiore di quello che si potesse dire, io dubito che le parole mie pareranno vane.
Che gruppi d'acqua! che venti! che tuoni! che orribile bombire del cielo! che orrendo terremoto! che strepito spaventevole di mare! e che voci di tutto un sì gran popolo! Parea che per arte maga fosse raddoppiato lo spazio della notte; ma alfine pur venne l'aurora; la quale per l'oscurità del cielo si conoscea, più che per indizio alcuno, per conghiettura. Allora i sacerdoti si vestiro per celebrare la messa; e noi che non avevamo ardire ancor di alzare la faccia al cielo, buttati in terra, perseveravamo nel pianto e nelle orazioni; ma poichè venne il dì, benchè fosse tanto oscuro che pareva simile alla notte, cominciò a cessare il fremito delle genti dalle parti più alte della città, e crescere un rumore maggiore verso la marina, e già si sentivano cavalli per la strada, nè si potea sapere che cosa si fosse. Alfine, voltando la disperazione in audacia, montai a cavallo ancor io per vedere quel che era, o morire. Dio grande, quando fu mai udita tal cosa? I marinari decrepiti dicono che mai fu nè udita nè vista. In mezzo del porto si vedeano per lo mare infiniti poveri, che mentre si sforzavano di arrivare in terra, la violenza del mare gli avea con tanta furia battuti nel porto, che pareano tante uova che tutte si rompessero; era pieno tutto quello spazio di persone affogate, o che stavano per affogarsi; chi con la testa, chi con le braccia rotte, ed altri che loro uscivano le viscere.
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