Lapidato non fu mai, ma talvolta fu deriso. Il doge Andrea Dandolo, antichissimo storico e ambiziosissimo guerriero di Venezia, e uno ad un tempo de' più devoti ammiratori del Petrarca, gli scrisse - "Amico mio, spiegaci come va, che un uomo, cui Dio ha fatto dono dell'eloquenza e della saviezza ad additare altrui le vie del bene, vada ad ognora tramutandosi di luogo a luogo? Questi tramutamenti di dimora hanno a tornare in danno degli studi tuoi. Noi ti ringraziamo delle tue esortazioni a fermar pace co' Genovesi; ma ci è forza combattere. Se la nostra risposta alla tua elaborata lettera ti paresse corta, ascrivilo a' termini in che ci troviamo, i quali vogliono da noi fatti, non parole".(94)
VI. L'odio del Petrarca contra i Francesi, da lui chiamati "pazzi snervati," e contra i Tedeschi, da lui riputati "schiavi brutali,"(95) ebbe ad esasperarsi allorchè le truppe che sotto Eduardo III d'Inghilterra avevano menato tanto guasto per Francia, trassero al soldo degli Stati italiani. Da indi non cessò di predicare la crociata contra tutti gli strani.
Virtù contra furorePrenderà l'arme; e fia 'l combatter corto:
Chè l'antico valoreNell'italici cor non è ancor morto.
La speranza di svolgere i principi d'Italia dal persistere nelle lor mutue stragi e rovine, inspirò al Petrarca la canzone:
Italia mia, benchè 'l parlar sia indarnoAlle piaghe mortali
Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio.
Ben provvide Natura al nostro statoQuando dell'Alpi schermo
Pose fra noi e la tedesca rabbia.
Tutti i susseguenti poeti italiani si recarono a debito uffizio di opporre lamenti ed imprecazioni al marciare di eserciti stranieri.
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