Ne diè porzione in dote alla sorella, che si maritò a Firenze,(114) il restante partì tra due vecchi e benemeriti amici, che n'erano in gran bisogno.(115) Prestò pure alcuni classici manuscritti, ch'ei chiamava i suoi unici tesori, al suo vecchio maestro, affinch'egli potesse impegnarli: per tal modo ebbero a perdersi irreparabilmente i libri De Gloria di Cicerone.(116)
Se i regali suoi venivano scansati, con appiccarvi alcuni versi costringeva gli amici ad accettarli; e le sue poesie italiane distribuiva tra rimatori e canterini di ballate, in guisa di limosina.(117) Come inoltrò negli anni, "il sovrano disprezzo delle ricchezze," che continuò a professare,(118) divenne più apparente che reale, in ispecie verso il finire di sua carriera:(119) pure non dimenticò mai chi a lui si rivolgeva per ajuto, che prestò sempre con cortesia. Fra molti legati del suo testamento lasciò ad uno degli amici il suo liuto, affinchè potesse cantare le lodi dell'Onnipossente, - a un altro una somma di danaro, scongiurandolo di non la sprecare, al solito, nel giuoco, - al suo amanuense una tazza d'argento, raccomandandogli di colmarla piuttosto d'acqua che di vino, - e al Boccaccio una pelliccia d'inverno pe' suoi studi notturni. Nè aspettò già che la morte lo forzasse a largheggiare. - "Davvero," scrive al Boccaccio, "non so che cosa v'intendiate, rispondendo che mi siete debitore di danaro. Oh! se mi fosse possibile d'arricchirvi! ma a due amici, qual siamo, in un'anima sola, una casa è bastante.
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