Principi francesi regnarono in Napoli, e, per allargarsi la preponderanza sopra l'Italia meridionale, vi distrussero fin l'ombra dell'imperiale autorità coll'aizzare i Guelfi a tutti i delirii della democrazia. Frattanto i nobili, nervo della fazione ghibellina nel settentrione d'Italia, possedendo la ricchezza e la forza del paese, continuarono a movere incessanti guerre civili, fin tanto ch'essi con le città e i vassalli loro rimasero tutti soggiogati dal militare dominio de' vittoriosi condottieri, i quali venivano assassinati spesso da' lor proprii soldati, e più spesso dai presuntivi eredi del poter loro. Unica Venezia, circondata dal mare e perciò libera dal pericolo d'invasione e dalla necessità d'affidare le sue armate a un singolo patrizio, andò lieta di stabile forma di governo. Nondimeno, per conservare ed ampliare le colonie e il commercio, sostenne nel Mediterraneo una lotta micidiale con altre città marittime. I Genovesi, perduta la loro flotta principale, mercarono l'aiuto de' tiranni lombardi a prezzo della loro libertà. Ebbero così modo di sbramar gli odii e disfare i Veneti, i quali col ripetere gli assalti esaurirono le forze; ed ambedue gli Stati combattevano omai men per acquisti che per vendetta. Allora intravvenne che alle pacifiche esortazioni del Petrarca il doge Andrea Dandolo diede quell'altiera risposta.(155) Così gl'Italiani, sebbene a que' dì arbitri de' mari, vidersi ridotti in cotali termini di debolezza da ciechi rancori, che nel vegnente secolo Colombo fu costretto di mendicare l'aiuto di principi estranei, onde aprire quel passaggio di navigazione, che da quell'epoca diede l'ultimo crollo alla commerciale grandezza d'Italia.
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