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      Ma l'ardente anelare a morale perfezione e il disperarne, lo indusse a guardare "con trepida speranza" al giorno che doveva essere citato al cospetto di Giudice inesorabile. Dante credeva espiare gli errori dell'umanità co' patimenti in terra:
     
      Ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
      Che prende ciò che si rivolve a lei;
     
      e par ch'ei volgasi al cielo da uomo che adora, più presto che da supplice. Fermo nella mente il concetto "l'uomo allora essere felice davvero che libero esercita tutte le sue forze,"(174) Dante percorse con passo sicuro il cammin della vita,
     
      E vigilando nell'eterno die,
      Sì che notte nè sonno a lui non furaPasso che faccia 'l secol per sue vie,
     
      raccolse opinioni, follíe, vicissitudini, miserie e passioni, onde gli uomini vengono agitati, e lasciò dopo sè monumento il quale, se ne umilia con la rappresentazione di nostre fralezze, dovrebbe farci insuperbire di far parte d'una stessa natura con un tant'uomo, e ci conforta al miglior uso di nostra vita transitoria. Il Petrarca da saviezza piuttosto contemplativa che attiva fu guidato a conoscere, come le travagliose nostre fatiche in pro degli uomini eccedano a gran pezza qual benefizio ne possa ad essi tornare, come ogni nostro passo non ad altro riesca all'ultimo che ad approssimarci al sepolcro; e come la morte sia tra i doni della Provvidenza il migliore, e il mondo avvenire l'unica dimora nostra sicura. Vacilla quindi nel mortal viaggio, convinto "che stanchezza e fastidio d'ogni cosa fossero naturali all'animo suo;"(175) - e così scontò il prezzo di que' doni che natura, fortuna e il mondo gli avevano largamente profusi, senza neppur la vicenda de' consueti rovesci.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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