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      In quanto all'osservazione, «che l'uomo è animale essenzialmente imitatore», noi la crediamo vera in sè stessa, ma non in tutto applicabile alla poesia; e quanto alla conseguenza, «che la poesia non è che imitazione della natura», noi la crediamo più falsa che vera. Ad ogni modo, da che tanto il principio quanto la conseguenza sono, per così dire, santificati dalla tradizione di molti secoli, e dal consenso universale degli uomini dotti; io, se non mi vedessi stretto dall'obbligo, non mi attenterei neppure d'accennare i miei dubbj intorno a questa teoria, e la lascerei nel possedimento dell'autorità che gode da tanto tempo. Perchè io temo che l'indagare l'origine delle facoltà umane e dell'arti intellettuali non sia le più volte uno de' mille tentativi più ambiziosi che utili, ne' quali i mortali sperdano l'ore e l'ingegno: e credo fermamente che l'uomo sia creato per tentare di conoscere non le fonti della sua esistenza, non la natura delle sue facoltà, non i principj delle arti; bensì per trovare e seguire il modo migliore a giovarsi delle facoltà, delle arti e della vita, onde ricavarne il maggior piacere possibile per sè stesso, e la maggiore possibile utilità per la comunità de' mortali. E però, non solamente in quasi tutto ciò che spetta la politica e la morale, ma ben anche in tutto ciò che riguarda le dottrine letterarie, i prudenti dirigono le loro azioni e l'ingegno piuttosto a norma della esperienza de' fatti, che secondo la specolazione di teorie, quantunque forse innegabili.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176