I critici, quantunque dotati della facoltà di giudicare le creazioni del genio, sono per lo più poverissimi d'immaginazione, e destituti della facoltà di creare. Quindi originò naturalmente la loro secreta invidia verso gli uomini destinati dall'autorità della natura ad essere creatori e poeti; invidia che, incalzata dal desiderio che tutti i mortali possiedono più o meno di esercitare autorità sovra gli altri, indusse i critici ad attribuirsi il diritto che nessuno loro disputò di stabilire leggi, e di citare gli scrittori al loro tribunale. Giovandosi dell'autorità d'Aristotile in tempo che il solo nome di questo filosofo era onnipotente anche nelle scuole di teologia, i professori di critica riescirono a divenire legislatori e giudici a un tempo. Il breve trattato che quel filosofo lasciò, non saprei dire se compito o abbozzato, sulla poesia, essendo stato da lui scritto con oscurissima brevità, ed essendo inoltre arrivato a' nostri avi orribilmente sfigurato dagli anni, fu opportunissimo all'intento de' critici di fondare un codice di leggi per incatenare il genio, e per giudicare i poeti.
Nè le leggi, a dir vero, nè le sentenze potevano essere sempre evidentemente giustificate con la poetica di Aristotile; ma non potevano neppure essere rivocate in dubbio. In fatti, con qualunque pagina di quel libro ogni uomo può e tutto credere e dubitare di tutto; e ogni interprete può tutto asserire e tutto negare; e, come avviene negli oracoli, vi si può trovare ogni cosa, o nulla ad un tempo.
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Aristotile Aristotile
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