Così pure nelle scienze politiche si distingue l'uomo in natura e in diritti naturali, e l'uomo in società e in diritti sociali. E dove cercheremo mai la nostra natura, e come potremo, almeno in parte, conoscerla, se non la guardiamo nello stato di società, in cui solo possiamo vivere, e da cui non potremmo dividerci senza rinunziare a tutti i piaceri, senza sopire tutti i bisogni, senza cangiar gli organi del nostro individuo, e perdere e dimenticare la facoltà del pensiero e della parola che unisce gli uomini più di tutte le altre specie d'animali che ci sieno note; senza riformare insomma la nostra essenza intrinseca ed immutabile, quella essenza che non è opera nostra, quell'ordine, quella necessità che sentiamo, ma che non sappiamo definire noi stessi? Come dunque distingueremo i liberi diritti dell'uomo in natura da' legami dell'uomo in società? E quanto più s'è tentato di restituire all'uomo sociale i sognati suoi diritti naturali, tanto più gli scrittori ed i popoli, pascendosi di visioni, si trovarono avvolti nei mali che accompagnano i sogni di chiunque renunzia alla esperienza dei fatti. Così da questa distinzione di natura e di società, immaginata in tutti i tempi e paesi, ma celebrata in Francia più che altrove, e illustrata nel Contratto sociale di Rousseau, nacquero le teorie e le illusioni politiche, i sistemi e gli errori, i delitti e le sciagure che infamarono nel nostro secolo la Libertà, ed atterriscono anche i savi che più la bramano, e danno pretesto a' governi d'imporre un sistema di perpetue catene all'Europa.
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