È congettura, al mio parere, più strana che il genere umano abbia pullulato tutto ad un tempo in diverse parti del globo; che le nazioni si sieno formate non da una origine unica e primitiva, ma da differenti origini, e che ciascuna nazione, così nata, per così dire, da sè, si sia formata una lingua tutta sua propria. Ma se invece si ammette che il genere umano originò a principio in una sola parte del globo; che moltiplicandosi e diffondendosi sulla terra gradatamente l'abbia popolata, come d'una sola famiglia si formarono prima tribù vaganti, e quindi città, e si distinsero nazioni, così di un solo scarsissimo dialetto primitivo si formarono lingue ed idiomi distinti. - Non venne dunque distrutta l'opinione, benchè acremente e lungamente sostenuta da uomini dotti, che la lingua italiana sia, con pochissima differenza, la lingua parlata della plebe romana.
Un secondo parere che la lingua italiana derivasse dagli Aramei popoli della Caldea era sostenuto specialmente da alcuni antiquarj fiorentini, i quali ammettevano che una gran parte di parole era di origine latina, ed un'altra era teutonica, per l'anteriore dominio de' Romani, e poi de' popoli settentrionali in Toscana; ma contendevano ad un tempo che il fondo primitivo della lingua era arameo. Essi si fondavano, parte sopra etimologie di un gran numero di parole siriache, che que' dotti dicevano di trovare tuttavia viventi nella lingua toscana; e parte sopra erudizioni di autori, come Beroso e Sanconiatone, dei quali non sono mai esistiti che i nomi; i quali avevano lasciato scritto che una colonia di Caldei avea navigato il Mediterraneo, e s'era stabilita antichissimamente in Etruria, donde non era mai ritornata, e che vi fondò una nazione, e vi portò riti religiosi e l'arte degli augurj e delle divinazioni; riti ed arti che infatti i Toscani portarono poscia a Roma, e l'origine de' quali era da' Romani stessi assegnata a' Caldei.
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