Quindi le due asserzioni di Dante e di Petrarca, asserzioni che divisero e divideranno per lungo tempo i grammatici antiquarj, si accordano mirabilmente; perchč molte lingue romanze italiane, senza essere formate dalla provenzale o dalla siciliana, esistevano contemporaneamente; e quando di queste differenti gli scrittori cominciarono a farne una sola generale ed intelligibile a tutta l'Italia, spogliandola de latinismi, de' francesismi e de' plebeismi, ritennero tutte le parole utili e le frasi eleganti che appartenevano tanto alle lingue romanze di Francia, quanto a quelle d'Italia e di Sicilia.
Nč Dante e Petrarca allegarono un'opinione differente su questo proposito con l'intenzione di decidere della origine della lingua: - questi due Poeti non alludevano che ai Trovatori, come allora si chiamavano gli scrittori di rime, che oggi si onorano col titolo di Poeti. Senza intendere di decidere un punto d'antichitą, Dante affermava agli Italiani che dovevano coltivare la loro lingua materna, scriverla invece della latina, e non arricchire di opere la Francia, componendo in dialetto romanzo-provenzale, ma scegliere piuttosto il dialetto romanzo-siciliano, che era men aspro, pił pieno di vocali e pił vicino e conforme agli organi ed alla pronunzia degli Italiani, e in conseguenza pił intelligibile; ma che per altro non bisognava adottare nessun dialetto romanzo particolare, ma combinare il meglio di tutti e formare una lingua universale a tutta l'Italia. E Dante diede i precetti e l'esempio; ed oltre il suo poema e le rime, scrisse in prosa italiana de' trattati ammirabili per la lingua, e di tale stile stampandoli, che con pochissime alterazioni d'ortografia parrebbero scritti oggi.
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