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      Gli ecclesiastici allora che, quasi gli unici arbitri delle reliquie della letteratura e delle credulitā del genere umano, continuavano ad esaltare Carlo Magno e le bolle de' papi, appunto al tempo di Federigo dichiaravano che le favole di Turpino, donde il Bojardo e l'Ariosto trassero poscia i loro racconti, erano storie autentiche e vere.(14)
      E intanto papi, cardinali, vescovi e preti e monaci e frati incominciavano, nč fino ad oggi hanno cessato, ad esporre alla esecrazione de' popoli il nome di Federigo II colla taccia, che era - ed oggi č pur tuttavia - facile ed efficacissima, d'ateismo. Quindi non v'č storico italiano che d'allora in poi, o per sincera aderenza alla Chiesa, o per terrore del Santo Ufficio, non abbia pių o meno o dissimulato i meriti, o malignato il carattere, o insultato alle calamitā di quel monarca e de' suoi figli e de' suoi nipoti: ad uno di essi fu mozzato il capo dal carnefice, e il cadavere dell'altro fu disotterrato, e le sue ossa disperse.
      Ma finchč Federigo e i suoi figli vissero, nč le guerre perpetue, nč le domestiche sciagure li distolsero mai dal favorire e coltivare le lettere; e se non avessero lungamente risieduto in Sicilia, la lingua italiana o non avrebbe ricavato ajuto veruno dal coltissimo dialetto di quell'isola, o pių scarsamente e pių tardi. Il palazzo di Federigo e di Manfredi era l'ospizio de' poeti; e i cortigiani, che gareggiavano co' loro principi a compor versi, erano a un tempo oratori, uomini di stato e guerrieri, generosissimi d'animo ed eleganti ne' loro costumi.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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