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      Tra questi Giovanni Villani preserva anche a dì nostri il doppio merito di storico veritiero e di elegante scrittore: però non concluderemo questo Discorso senza osservare i caratteri del suo stile. Il Villani era già in età d'intervenire nelle faccende pubbliche quando Dante fu esiliato, e l'uno e l'altro studiavano a scrivere le loro diverse opere quasi nel medesimo tempo.
      Così, e quando Dante cominciò a meditare su l'indole e i caratteri della lingua italiana, e mentre si accinse a trovarne le teorie più efficaci a stabilirla ne' suoi primordj e regolarla ne' suoi progressi, egli aveva dinanzi a sè molti saggi sì in poesia che in prosa, da' quali egli poteva desumere molte osservazioni e ridurle a principj sicuri. Infatti il suo primo libro su la lingua chiamato Convito, e nel quale tratta di molte altre questioni d'ogni maniera, cominciò a comporlo dopo ch'ebbe passato l'anno quarantacinque dell'età sua(30); e l'altro intitolato dell'Eloquio Volgare, e nel quale tratta il soggetto di pieno proposito, lo intraprese poco innanzi di morire. Non ne lasciò scritta che una piccola parte, ma, per quanto la crescente civiltà dell'età sua l'abilitasse a trovare alcune delle regole necessarie alla lingua, pur nondimeno i fondamenti inconcussi su' quali la stabilì non poterono uscire che da una mente straordinaria come la sua.
      Il maggiore e miglior numero delle osservazioni gli furono senza dubbio somministrate dalla lingua poetica, e dall'intentissimo studio a comporre il suo grande poema.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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