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      Tuttavia, ad eccezione d'Omero, niuno stile poetico, e molto meno l'italiano, e quello del poema di Dante meno d'ogni altro, può servire di guida ragionata e fedele a ridurre gl'innumerabili accidenti e bizzarrie di una lingua sotto regole evidenti, ordinate e perpetue. I Greci, per quanto sappiamo, non ebbero libro di prosa se non tre secoli e più dopo l'Iliade. I poemi d'Omero furono i primi, e, per lunghissimo tempo, i soli fonti della lingua letteraria de' Greci; e da que' due modelli poscia i poeti e gli storici e gli oratori, di generazione in generazione e di città in città, desumevano ricchezze, dignità ed eleganza di stile a nobilitare i dialetti diversi della Grecia. Tutti que' dialetti sono oggi classificati quasi col metodo di Linneo, e distribuiti con tutti i loro caratteristici da' professori delle Università; ma non li conoscono che ne' libri, e non gli udirono mai parlare. Or se, invece di leggerli, gli avessero uditi, non gli avrebbero classificati, nè ammirati, e i nostri profondi ellenisti si sarebbero accorti che anche i greci erano dialetti nè più nè meno come tutti gli altri; e che nella bocca del popolo erano rozzi, incostanti, ritrosi ad ogni guida e ad ogni regola, e alterati sensibilmente e capricciosamente quasi d'anno in anno, e trasformati di provincia in provincia dal tempo, e innestati uno nell'altro dalle conquiste, dal commercio e da' nuovi usi, come gli altri dialetti d'ogni terra ed età. Bensì, per essere scritti, dovevano conformarsi alla lingua generale e letteraria della nazione; e benchè serbassero alcune forme provinciali e suoni peculiari alla provincia, pur nondimeno nel resto erano tutti più o meno somiglianti alla lingua Omerica.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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