Ben è vero che la dizione del poema di Dante trasfuse sempre nelle opere degli uomini di genio un certo spirito di originalità, d'energia e di calore che può adattarsi ad ogni specie di composizione. Ma non è che lo stile, o per parlare più esattamente, non è che l'essenza secreta dello stile di Dante, dalla quale que' pochi che sanno cercarla e la trovano possono ricavarne gran frutto.
Tuttavia conviene ch'essi spoglino la lingua di quel poema delle forme inventate da Dante, le quali non possono essere maneggiate costantemente che da lui solo. Due moderni scrittori d'ingegno, d'anima e di educazione differentissima, e ciascuno d'essi meritamente celebre per un modo diverso e proprio a ciascuno di essi, di scrivere in poesia, indagarono per tutto il corso della loro vita letteraria le più potenti qualità della lingua italiana, e i secreti dello stile sulla Divina Commedia. L'uno e l'altro gli hanno trovati, e se ne sono giovati felicemente; e professano d'essere debitori in gran parte della loro fama alla loro perseveranza nello studio di Dante. L'uno è l'Alfieri, e l'altro è il Monti; e nondimeno i loro metodi di scrivere sono, non solo diversi, ma assolutamente opposti fra loro, sì che pajono poeti distanti più secoli l'uno dall'altro. E la ragione si è che, indipendentemente dalla tempra diversa delle loro facoltà intellettuali, l'uno e l'altro non si sono imbevuti che dell'essenza dello stile dell'antico creatore della poesia italiana. Così l'Alfieri n'animò i dialoghi delle sue tragedie, e il Monti le terzine delle sue cantiche.
| |
Dante Dante Dante Divina Commedia Dante Alfieri Monti Alfieri Monti
|