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      Questi principj metafisici per sè stessi furono annunziati in tempi ne' quali la filosofia, l'arte dialettica, e la teologia erano tutt'uno, e, credendo d'aiutarsi, s'intricavano fra di loro. Quindi il metodo adottato da Dante induce alle volte a credere che le sue idee fossero oscure anche alla sua mente. Locke che facilitò lo studio dell'analisi delle idee, e quindi della natura delle lingue, e Condillac che illustrò questa difficilissima parte della metafisica, scrissero quattro secoli dopo. Dante asseriva il suo sistema com'uomo che ne vedeva la verità, e n'era convinto; ma non lo esponeva in guisa da convincere gli altri. Il nome e la definizione di lingua cortigiana sono idee vaghissime per sè. Inoltre senza lunghissima serie di fatti, d'argomenti e di dimostrazioni è cosa difficile a persuadere gli uomini di qualunque tempo, che una lingua vivente possa esistere senz'essere mai parlata. Finalmente si è già veduto ch'ei morì quasi mentre aveva finito appena una parte del suo trattato.
      L'applicazione universale, severissima e più che giusta delle sue dottrine contro a tutti i dialetti inimicò al poeta anche la tarda posterità di que' Fiorentini che l'avevano esiliato. Ben è vero che niun dialetto può mai convertirsi in lingua scritta e permanente, se non perde tutte le sue qualità popolari, per accoglierne moltissime letterarie, in guisa che, serbando la sostanza della sua materia, trasformi a ogni modo tutte le sue sembianze. Ma è vero altresì che la materia della lingua nazionale si trova più nel dialetto fiorentino che in qualunque altro d'Italia, e che, quantunque tutti gli scrittori fiorentini, e Dante più ch'altri, abbiano più o meno alterato il loro idioma materno ne' libri, pur nondimeno la maggior quantità delle parole anche in Dante sono pur fiorentine.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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