Certamente non possiamo indovinare come si parlasse in Firenze e in Bologna a que' tempi; solo vediamo che Dante giudicava il dialetto de' Bolognesi più atto a giovare alla lingua letteraria che non era il fiorentino; e questa sua decisione è inesplicabile, e nocque a' suoi principj appunto perchè parve ad ogni uomo esagerata ed assurda. Taluni l'attribuirono all'ira ch'ei sentiva contro a' suoi concittadini. Altri compose ultimamente un libro non solo a difenderlo da questa taccia, ma a provare che i Fiorentini e gli altri Italiani scrivevano a que' tempi una lingua al tutto letteraria, il che a noi non pare bastantemente provato. Se l'ira contro Firenze ebbe qualche parte a fare anteporre a Dante il dialetto bolognese, egli ad ogni modo non lo avrebbe asserito con tanta certezza. Però crediamo che egli attendesse non tanto al dialetto municipale, quanto a quello che allora s'era creato per l'immenso e continuato concorso di uomini d'ingegno; professori e scolari d'ogni età, d'ogni sapere e d'ogni città d'Italia e d'Europa, i quali necessariamente usavano nell'università di Bologna d'una lingua prossima alla popolare, ma alterata alla guisa di quella che per le stesse ragioni si parla, e s'è sempre parlata nella corte de' papi in Roma. E questa appunto era la cortigiana di Dante. Comunque si fosse, se noi dobbiamo giudicare dagli scritti de' suoi contemporanei, que' de' Bolognesi sono pochi, e que' pochi sono infinitamente inferiori nella lingua a' moltissimi fiorentini. Inoltre d'allora in qua il fiorentino fu sempre il dialetto che s'approssimò più da vicino alla lingua scritta dagli autori italiani.
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