Quindi originarono, e infellonirono le questioni, e non cessano. Tutte le regole e le grammatiche e i dizionari e i giudizj de' critici hanno adottato per unica base l'ipotesi che il Decamerone fosse scritto come si parlava a que' tempi; - e che però si dovesse scrivere sempre indovinando finanche la pronunzia di quell'età, - e non si potesse usare senza precauzioni infinite nissuna frase o parola che non fosse o nel Decamerone, o ne' migliori scrittori contemporanei al Boccaccio. Or chi crederà che nel tempo stesso e negli stessi libri dicevano, che il Boccaccio in tutte le altre opere in prosa non solo non è scrittore perfetto, ma che anzi è così dissimile da sè stesso in guisa, che pare un altro scrittore, e talvolta peggiore de' suoi contemporanei? Così cadevano senza accorgersi nell'assurdità di asserire, che la lingua non fu parlata bene se non in que' tre o quattro anni impiegati dal Boccaccio a comporre le sue Novelle. Il fatto sta che l'unico scrittore il quale scrivesse come si parlava fu Franco Sacchetti, autore di alcune poesie, e di trecento novellette, le quali è quasi impossibile di credere che noi le leggiamo, e pare d'udirle narrare buonamente. Franco pare sempre che discorra per ozio, senz'altra cura che di far ridere. Ma gli accademici della Crusca lo chiamano barbaro(38): e nondimeno era concittadino e contemporaneo del Boccaccio, ed uomo di molta letteratura e di elegantissimo ingegno. Il fatto sta che Franco Sacchetti usava l'idioma popolare, e a' critici parve barbaro; e il Boccaccio formava una lingua letteraria, e nella quale alle volte si sente più l'arte che la natura, ed a' critici parve assai più che umana; e riducesi nè più nè meno ad essere lavoro raffinatissimo d'arte.
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