Aggiungasi a ciò che l'impresa domandava abbondanza di danaro posseduta dal Petrarca; e il Boccaccio non conobbe mai che angustie di fortuna e di vita. Vi supplì con laboriosissima industria, e si assoggettò al lavoro meccanico contrario all'indole del suo genio, e copiò i codici di sua mano. Leonardo Bruni, il quale era già nato innanzi che il Boccaccio morisse, vedendo tutta quella moltitudine di autori ed esemplari trascritti da lui, ne rimase maravigliato(45). Benvenuto da Imola, che fu discepolo del Boccaccio, racconta a questo proposito un curioso aneddoto, che noi riferiremo, perchè non sappiamo che possa leggersi fuorchè nella grande collezione degli scrittori del medio evo del Muratori, ed è una di quelle opere inaccessibili alla più parte de' nostri lettori(46). Arrivando il Boccaccio all'abbazia di Monte Cassino, celebrata per l'immenso numero de' manoscritti che vi giacevano sconosciuti, richiese umilmente d'essere introdotto nella biblioteca del Monastero. Un monaco rispondendogli asciuttamente «andate, sta aperta», gli additò un'altissima scala. Il buon Boccaccio trovò mutilati e laceri quanti libri apriva; e gemendo che tante fatiche de' grandi uomini dell'antichità fossero cadute in potere di sì tristi padroni, si partì lacrimando. Scendendo la scala incontrò un altro monaco, e gli richiese, «come mai que' libri fossero così tronchi?» - «noi delle pagine scritte in pergamena di que' volumi» rispose il monaco freddamente «facciamo coperte di libricciuoli di preghiere, e li vendiamo per due, tre, e talvolta anche per cinque soldi.
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