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      I Gesuiti, per adonestare l'uso ch'essi facevano del Decamerone ne' loro collegi, indussero per avventura il Bellarmino a giustificare nelle sue controversie le intenzioni dell'autore. Fors'anche interpolarono quegli argomenti, come altri parecchi, nelle edizioni del Bellarmino, ogni qualvolta le sue dottrine non si uniformavano agli interessi dell'Istituto(47). Inoltre è probabile che favorissero un libro famoso per le invettive contro alle regole claustrali, e scritto assai prima ch'essi nascessero ad occupare la giurisdizione di tutte. Anzi, il Bellarmino perdonò meno assai che il Boccaccio alla fama delle vecchie congregazioni; e benchè altri, a difenderle, chiami quel suo Gemitus Columbae aprocrifo, fu stampato a ogni modo mentr'ei vivea, fra l'opere sue. Ma quanto al Boccaccio, egli innanzi di morire aveva fatto ammenda del suo poco riguardo a' costumi. Sentì che gli uomini lo credeano reo, ed espiò le Novelle con pena più grave forse che non era la colpa; e direste che le scrivesse indotto dal predominio d'una donna, forse quella ch'ei poco prima rinnegò, diffamandola nel Laberinto d'Amore. Comunque si fosse, scongiurava i padri di famiglia a non permettere il Decamerone a chi non aveva per anche perduto la verecondia. «Non lasciate leggere quel libro; e se pur è vero che voi per amor mio piangete nelle mie afflizioni, abbiate pietà, non foss'altro, dell'onor mio.»
      Inoltre con rimorsi di coscienza, che fanno più onore alla probità della sua vita che alla forza della sua mente, fece ammenda anche a' frati e alle loro superstizioni ch'egli aveva derise.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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