La prima cagione è impossibile ad accertarsi; la seconda è falsa del tutto; la terza è la vera: non però sola poteva operare cambiamento sì subitaneo; e non è quindi sufficiente a spiegarlo.
Or quanto alla corruzione del dialetto fiorentino. come mai sappiam noi, e come sapevano nel secolo XV i figliuoli e nepoti de' Fiorentini in che modo particolare parlassero i loro padri e i loro avi? Che il Villani, il più idiomatico fra gli scrittori Fiorentini, e il Boccaccio, che gli fu posteriore ed è il più ornato di tutti, scrivessero il lor dialetto alterandolo, l'abbiamo dianzi provato in guisa da non potersi revocare in dubbio. Taluno de' loro contemporanei l'alteravano forse assai meno; ma anche quelli che lo scrissero semplicissimamente lasciano indizj che non lo scrivevano puntualmente come lo parlavano. Le parole, e quindi tutte le lingue parlate dipendono dalla pronunzia; e la rappresentazione de' suoni della pronunzia non può essere conosciuta da' posteri che per l'aiuto de' segni dell'alfabeto, e quindi per mezzo dell'ortografia. Or l'ortografia in tutti i manoscritti di quel secolo è incostante in guisa, che la stessa parola, anche nelle copie più esatte del Boccaccio, è scritta in due, e spesso in tre modi diversi. Adunque, non potendosi avverare in quale di que' tre modi pronunziassero, la sola induzione che possiam ricavarne si è, che i suoni delle parole, e quindi la pronunzia, e, per necessaria conseguenza, il dialetto si mutassero più e più giornalmente.
Tale è invariabilmente il corso di tutti i dialetti più parlati che scritti; così che, se i bisnipoti conversassero con le ombre de' loro antenati in qualunque città della terra, userebbero della stessa materia di lingua, ma con pronunzia così cambiata che penerebbero a intendersi fra di loro.
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