Chi può mai udire le modulazioni e le articolazioni della voce de' morti, sepolti da cento, dugento, mille, duemila anni addietro? E nondimeno i nostri professori delle università - e in grazia di essi principalmente abbiamo creduto prezzo dell'opera di procedere in questo ragionamento - vanno sillogizzando ad accertare come pronunziassero Omero e Saffo i loro versi. Quindi si vanno celebrando regole d'università; quindi a' versi de' Greci sono innestate, quasi puntelli, certe nuove lettere greche antiche, tanto che niun autore greco se ne ricorda. Quindi parole, versi, stanze intere sono torturate, rifatte. Può darsi che manifatturate riescano bellissima poesia; ma non è greca, ma bensì d'Inglesi e Teutoni grecizzanti.
Vero è che allegano l'autorità delle sillabe lunghe e brevi, e le leggi del metro. Certo sono leggi notissime, assolute, e invariabili; ma dipendevano dalla pronunzia, la quale faceva parere coerente alle regole nella bocca degli antichi ciò che nella nostra pare eccezione, o adulterazione di critici e grammatici posteriori a' poeti. E chi sa quanto guasto anche que' dottissimi professori avranno fatto! Tuttavia erano più modesti de' nostri. Clarke, a riconciliare tutto ciò che a noi pare eccezione ed incoerenza, e assoggettarlo a un'ipotesi generale, combinò un sistema ingegnosissimo e men ambizioso degli altri. Ma l'ipotesi riesce debole, perchè non s'accomoda a tutti i casi. Pur a Clarke bastò un sistema, e non cangiò nè parole, nè lettere d'alfabeto. Ciò che altri ha poi fatto, non è di questo luogo il parlarne.
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