Tale fu anche la condizione della francese, e dell'inglese; così che oggimai quest'ultima non ha propriamente alfabeto, bensì segni ortografici incostantissimi che producono or un suono or un altro. Nondimeno e la lingua greca e le due moderne ebbero il vantaggio d'essere parlate ad un tempo e letterarie, con poca diversità. La Italiana, come abbiamo osservato, preservò sino ad oggi i segni tutti quanti dell'alfabeto fedelissimi a' medesimi suoni. Procede senza elidere le articolazioni delle consonanti segnate negli scritti, senza abbandonare le vocali, e senza strozzare, fuorchè in rarissimi casi, due lettere in un solo dittongo. Ma comperò questo vantaggio col danno d'essere lingua scritta e non mai parlata.
Pur il dialetto fiorentino, anche al tempo di Dante, del Petrarca e del Boccaccio, e che da' grammatici italiani è nominato il Buon Secolo, dipendeva dalla pronunzia. V'è tutta l'apparenza che fosse allora parlato men male, e vi fu per avventura un periodo che anche il volgo lo parlava correttamente; ma deve essere stato periodo brevissimo: e chi volesse andare cercando la sua data, s'avvilupperebbe in intricatissime congetture. Questo è certo, che la lingua degli scrittori fiorentini e di tutti gli Italiani dipendeva allora e poi fino ad oggi, e sempre in avvenire dipenderà, dal dialetto fiorentino in quanto si spetta alla nativa proprietà ed energia di vocaboli popolari ed idiotismi di frasi, che riescono di effetto mirabile, purchè siano prescelti da chi ha l'arte d'ingentilirli in modo che non sentano punto il dialetto.
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