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      La seconda ragione, cioč la mancanza di regole certe grammaticali, giova poco o nulla a spiegare il fenomeno della corruzione improvvisa della lingua letteraria in Italia. La storia - trista insieme e ridicola, ma a nostro credere curiosissima a raccontarsi, da che rimanesi tuttavia mal conosciuta, - la storia dell'Accademia della Crusca convincerā anche gl'increduli, che sarebbe stata gran fortuna alla letteratura di quella nazione, se si fatte regole d'accademie, di critici, e di grammatici non fossero state mai neppur nominate. Del resto, nell'epoca passata abbiamo veduto che tutti scrivevano con abbondanza, con eleganza e con correzione, e non avevano grammatiche, fuorchč quella della lingua latina; e non era inutile, perchč insegnava il processo logico della lingua italiana. Con la grammatica latina furono educati i figliuoli di quelli che scrivevano correttamente; e i figliuoli avevano conversato nello stesso dialetto co' loro padri. Or se i figliuoli con la stessa educazione grammaticale e con lo stesso dialetto non potevano scrivere senza barbarismi e spropositi, la mancanza di regole grammaticali non poteva di certo esserne la cagione.
      L'uso e l'ambizione universale di scrivere ogni opera importante in latino fu senza alcun dubbio un'origine antica e lunghissima della miseria della lingua nazionale d'Italia. Nč questo sarebbe avvenuto sė subitamente, se la lingua italiana fosse stata parlata; pure, benchč fosse intesa dal popolo pių che la latina, la lingua nuova era nč pių nč meno letteraria come l'antica: ma con questa differenza: che mentre la nuova era meno difficile all'intelligenza del popolo, l'antica era pių facile alla penna de' dotti.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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