Ma tale è la magia dello stile e della beltà della lingua. L'Ariosto poscia non raccontò che le meraviglie celebrate da que' novellatori plebei, e ricantate in que' barbari poemi; ma scrisse in guisa da lasciare alla posterità modelli di dizione mirabile, e che vive immortale. Il Bojardo, cinquant'anni innanzi a lui e appunto verso la fine dell'epoca di cui parliamo, era dotato di fantasia creatrice anche più dell'Ariosto; però l'Ariosto continuò nel suo Orlando Furioso le storie descritte nell'Orlando Innamorato del Bojardo, e v'introdusse i medesimi personaggi.
Ma nè la grande originalità d'invenzione, nè la popolarità del primo Orlando che servì di modello giovarono a contrastare un unico grado dell'immensa preminenza che il secondo Orlando ottenne per la divinità del suo stile. Quindi molti si provarono a tradurre in bella lingua letteraria le stanze del Bojardo; e niuno vi riuscì fuori che il Berni, il quale per quel suo rifacimento meritò d'essere, per le qualità del suo stile, collocato prossimo, se non al fianco, all'Ariosto. Nacque Fiorentino; non però s'innamorò del suo dialetto nativo in guisa da affettarne tutte le peculiarità; ed ei le sfuggiva, chiamandole vecchie lascivie. Le grazie di altri scrittori sono lodate a cielo, perchè sono ammanierate e ornate dall'arte. Risaltano agli occhi, e forzano ad osservarle; e però i professori di rettorica possono gloriarsi di discernerle, e farsi merito di declamare una dissertazione sopra ogni vocabolo. Nell'Orlando Innamorato le grazie, benchè più molte d'assai, scorrono spontanee e non apparenti; ed appunto perchè si fanno sentire e non si lasciano scorgere, tanto più sono grazie.
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