Non già che talor non s'avveggano della sua assurdità, ma seguendola, si dispensano dalla fatica e da' pericoli di combatterla; e nel tempo stesso si giovano delle sue favole maravigliose a riempire volumi di narrazioni che, se non fossero romanzesche e s'approssimassero alla realtà, riescirebbero non solamente ridicole, ma nojose. Quelli che interessandosi in questo soggetto si sentissero preoccupati dalla generale opinione, ma non in guisa che non bramino di appurare la verità, sono tutti accettati volentieri per giudici. E speriamo di persuaderli che le leggi peggiori di lingua e di critica che mai potessero idearsi da uomini, la più misera e ambiziosa povertà ch'abbia mai intristita la letteratura d'un popolo, e finalmente la colpa de' danni, della servitù letteraria e del vaniloquio degli scrittori italiani in generale da quel tempo sino a' dì nostri, appartengono tutti al famoso secolo decimosesto.
Da' fatti osservati fin qui, da che Dante cominciò a scrivere e il Machiavelli morì, appare manifestissimo che la lingua italiana nacque e crebbe dalla libertà popolare delle repubbliche del medio evo. Ma nell'epoca che ora esaminiamo la servitù dell'Italia cominciò ad aggravarsi senza speranza di redenzione sotto il doppio giogo della chiesa de' papi, e della dominazione de' forestieri. La tirannide religiosa e politica portò seco necessariamente i ceppi della letteratura; e dopo la morte di Clemente VII, avvenuta nel 1534, la storia della lingua trovavasi a questi termini: -
| |
Dante Machiavelli Italia Clemente VII
|