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      Era dunque il Decamerone, anche per politica necessità, predicato da' letterati come unico regolatore della lingua scritta in prosa. Per cancellare ogni memoria di libertà, Cosimo I soppresse tutte le accademie istituite in Toscana quando le città si reggevano a repubbliche, e venne a dilatare la giurisdizione della fiorentina, ch'ei disprezzava. Compiacevasi di vederla sgrammaticare a bell'agio, e udirsi paragonare a Cosimo padre della patria: nè da questo in fuori fece verun favore alle lettere. Teneva a' suoi stipendj uno o due scrittori di storie della Casa de' Medici; faceva raccogliere da per tutto le copie delle altre scritte con meno adulazione, e le ardeva.
      Pur nondimeno gli scrittori, appunto in quel secolo, quanto più si dipartivano dallo stile del Decamerone, tanto più rendevano i loro libri meno indegni della cura de' posteri. Il Vasari, fra gli altri, scrivendo le vite degli architetti, pittori e scultori d'Italia, lasciò un tesoro di critica sulle belle arti, e di aneddoti su' caratteri de' grandi artisti suoi contemporanei, e insieme un inesauribile deposito di maniere di belle dizioni. Nè la tirannide universale potè imporre silenzio alla storia politica ed ecclesiastica. Il Guicciardini compose la storia d'Europa(49) da uomo di stato, in guisa da tracciare le origini ed il progresso del diritto delle genti che prevalse subito dopo la fine della lunga barbarie del medio evo. La sua lingua peraltro è pomposa, misteriosa e artificiale per voler troppo magnificare ogni cosa, e arieggiare la maestà degli storici latini.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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