Il Machiavelli su' primi giorni della contesa rideva dell'Ariosto, che non poteva sormontare la difficoltà di mantenere il decoro di quella lingua ch'egli accattava. E il Galileo, quando l'animosità de' grammatici inferocì, s'avventò contro al Tasso. E non pertanto sono dessi i quattro scrittori, che non per la vanità nazionale degl'Italiani, o per vanità di erudizione de' forestieri, ma per la divinità del loro genio, si meritarono la gratitudine di noi tutti; e soli a nostro credere, certo i soli indegni della compagnia di mille esaltati dalle tradizioni di quel secolo millantatore. Or tutti sanno quanto il Salviati congiurò con alcuni grammatici ad aggravare le lunghe sciagure del Tasso, e la sua tendenza alla manìa, con la quale la natura fa scontare ad alcuni mortali i doni, non so quanto desiderabili, dell'ingegno. Cinquant'anni e più dopo, le opere e il nome dell'Autore della Gerusalemme fu citato nel Vocabolario della Crusca; ma fu tarda espiazione e forzata. Nè i Fiorentini dovrebbero gloriarsene; da che non fu per loro proprio rimorso o ravvedimento, bensì per comando del gran duca Leopoldo, pregatone istantemente da un Cardinale(51). Così anche un atto di giustizia alla memoria di un uomo grande, generoso, infelice e iniquamente perseguitato fu per l'Accademia della Crusca un atto di vilissima servitù. Non però cessavano le vergognosissime liti intorno al nome della lingua. Durano tuttavia con quelle animosità provinciali, che sino dalle età barbare hanno conteso a quel popolo sciagurato di riunirsi in nazione; e le animosità sono esacerbate insieme e santificate da quegli uomini letterati, i quali negano all'Italia fin anche il diritto di possedere una lingua comune a tutte le sue città.
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