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      Pur troppo! tu cominci a gustare i primi sorsi dell'amaro calice della vita, ed io con questi occhi ti vedrò infelice, né potrò sollevarti se non piangendo! io; io stesso ti dovrò per pietà consigliare a pacificarti con la tua sciagura.
      Certo ch'io non potrei né asserire né negare a me stesso ch'io l'amo; ma se mai, se mai! – in verità non d'altro che di un amore incapace di un solo pensiero: Dio lo sa! –
      Io mi fermava, lì lì, senza batter palpebra, con gli occhi, le orecchie, e i sensi tutti intenti per divinizzarmi in quel luogo dove l'altrui vista non mi avrebbe costretto ad arrossire de' miei rapimenti. Ora ponti nel mio cuore, quand'io udiva cantar da Teresa quelle strofette di Saffo tradotte alla meglio da me con le altre due odi, unici avanzi delle poesie di quella amorosa fanciulla, immortale quanto le Muse. Balzando d'un salto, ho trovato Teresa nel suo gabinetto su quella sedia stessa ove io la vidi il primo giorno, quand'ella dipingeva il proprio ritratto. Era neglettamente vestita di bianco; il tesoro delle sue chiome biondissime diffuse su le spalle e sul petto, i suoi divini occhi nuotanti nel piacere, il suo viso sparso di un soave languore, il suo braccio di rose, il suo piede, le sue dita arpeggianti mollemente, tutto tutto era armonia: ed io sentiva una nuova delizia nel contemplarla. Bensì Teresa parea confusa, veggendosi d'improvviso un uomo che la mirava così discinta, ed io stesso cominciava dentro di me a rimproverarmi d'importunità e di villania: essa tuttavia proseguiva ed io sbandiva tutt'altro desiderio, tranne quello di adorarla, e di udirla.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





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