Mi salutava più con le occhiate, che con la persona – e mi chiedea sorridendo s'io m'era dimenticato della promessa. Io frattanto le porgeva il libro osservando con meraviglia ch'ella non era vestita che di una lunga e rada camicia la quale non essendo allacciata radeva quasi il tappeto, lasciando ignude le spalle e il petto ch'era per altro voluttuosamente difeso da una candida pelle in cui ella stavasi involta. I suoi capelli benché imprigionati da un pettine, accusavano il sonno recente; perché alcune ciocche posavano i loro ricci or sul collo, or fin dentro il seno, quasi che quelle picciole liste nerissime dovessero servire agli occhi inesperti di guida; ed altre calando giù dalla fronte le ingombravano le pupille; essa frattanto alzava le dita per diradarle e talvolta per avvolgerle e rassettarle meglio nel pettine, mostrando in questo modo, forse sopra pensiero, un braccio bianchissimo e tondeggiante scoperto dalla camicia che nell'alzarsi della mano cascava fin'oltre il gomito. Posando sopra un piccolo trono di guanciali si volgeva con compiacenza al suo cagnuolino che le si accostava e fuggiva e correva torcendo il dosso e scuotendo le orecchie e la coda. Io mi posi a sedere sopra una seggiola avvicinata dalla cameriera che si era già dileguata. Quell'adulatrice bestiuola schiattiva, e mordendole e scompigliandole, quasi avesse intenzione, con le zampine gli orli della camicia, lasciava apparire una gentile pianella di seta rosa-languida, e poco dopo un picciolo piede, o Lorenzo, simile a quello che l'Albano dipingerebbe a una Grazia ch'esce dal bagno.
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Lorenzo Albano Grazia
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