Alcuni altri de' nostri, veggendo le piaghe d'Italia, vanno pur predicando doversi sanarle co' rimedi estremi necessari alla libertà. Ben è vero, l'Italia ha preti e frati; non già sacerdoti: perché dove la religione non è inviscerata nelle leggi e ne' costumi d'un popolo, l'amministrazione del culto è bottega. L'Italia ha de' titolati quanti ne vuoi; ma non ha propriamente patrizj: da che i patrizj difendono con una mano la repubblica in guerra, e con l'altra la governano in pace; e in Italia sommo fasto de' nobili è il non fare e il non sapere mai nulla. Finalmente abbiamo plebe; non già cittadini; o pochissimi. I medici, gli avvocati, i professori d'università, i letterati, i ricchi mercatanti, l'innumerabile schiera degl'impiegati fanno arti gentili essi dicono, e cittadinesche; non però hanno nerbo e diritto cittadinesco. Chiunque si guadagna sia pane, sia gemme con l'industria sua personale, e non è padrone di terre, non è se non parte di plebe; meno misera, non già meno serva. Terra senza abitatori può stare; popolo senza terra, non mai: quindi i pochi signori delle terre in Italia, saranno pur sempre dominatori invisibili ed arbitri della nazione. Or di preti e frati facciamo de' sacerdoti; convertiamo i titolati in patrizj; i popolani tutti, o molti almeno, in cittadini abbienti, e possessori di terre – ma badiamo! senza carnificine; senza riforme sacrileghe di religione; senza fazioni; senza proscrizioni né esilii; senza ajuto e sangue e depredazioni d'armi straniere; senza divisione di terre; né leggi agrarie; né rapine di proprietà famigliari – da che se mai (a quanto intesi ed intendo) se mai questi rimedi necessitassero a liberarne dal nostro infame perpetuo servaggio, io per me non so cosa mi piglierei – né infamia, né servitù: ma neppur essere esecutore di sì crudeli e spesso inefficaci rimedi – se non che all'individuo restano molte vie di salute; non fosse altro il sepolcro: – ma una nazione non si può sotterrar tuttaquanta.
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