Lo sa il cielo! Frattanto Dio ha conosciuto che non poteva reggere più: Ei tempera i venti in favore dell'agnello recentemente tosato; e – tosato al vivo! E ti dee pur ricordare com'essa un giorno tornò a casa sua, portando chiuso nel suo canestrino da lavoro un cranio di morto; e ci scoverse il coperchio, e rideva; e mostrava il cranio in mezzo a un nembo di rose. – E le sono tante e tante, diceva a noi, queste rose; e le ho rimondate di tutte le spine: e domani le si appassiranno: ma io ne compererò ben dell'altre perché ogni giorno, ogni mese crescono rose, e la morte se le piglia tuttequante. – Ma che vuoi tu farne, o Lauretta; io le dissi. – Vo' coronare questo cranio di rose, e ogni giorno di rose fresche; – e rispondendo rideva pur sempre con soave amabilità. E in quelle parole e in quel riso e in quell'aria di volto demente e in quegli occhi fitti sul cranio e in quelle sue dita pallide e tremanti che andavano intrecciando le rose – tu ti se' pur avveduto come alle volte il desiderio di morire è necessario insieme e dolcissimo; ed eloquente fin anche sul labbro d'una fanciulla impazzata.
Tornerò, Lorenzo: conviene ch'io esca; il mio cuore si gonfia e geme come se non volesse starmi più in petto: su la cima di un monte mi sembra d'essere alquanto più libero; ma qui nella mia stanza – sto quasi sotterrato in un sepolcro. –
Sono salito su la più alta montagna: i venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a' miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi dell'erta sedeano le nuvole – nella terribile maestà della Natura la mia anima attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi mali, ed è tornata alcun poco in pace con se medesima.
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Dio Lauretta Lorenzo Natura
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