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      Ecco tutto ne' suoi veri sembianti. Ahi! non sapeva che in me s'annidasse questa furia che m'investe, m'arde, mi annienta, eppur non mi uccide. Dov'è la Natura? Dov'è la sua immensa bellezza? Dov'è l'intreccio pittoresco de' colli ch'io contemplava dalla pianura inalzandomi con l'immaginazione nelle regioni dei cieli? mi sembrano rupi nude e non veggo che precipizj. Le loro falde coperte di ombre ospitali mi sono fatte nojose: io vi passeggiava un tempo fra le ingannevoli meditazioni della nostra debole filosofia. A qual pro se ci fanno conoscere le infermità nostre, né porgono i rimedj da risanarle? – Oggi io sentiva gemere la foresta ai colpi delle scuri: i contadini atterravano i roveri di duecento anni: – tutto père quaggiù!
      Guardo le piante ch'una volta scansava di calpestare, e mi soffermo sovr'esse e le strappo, e le sfioro gittandole fra la polvere rapita dai venti. Gemesse con me l'universo!
      Sono uscito assai prima del Sole e correndo attraverso de' solchi, cercava nella stanchezza del corpo qualche sopore a quest'anima tempestosa. La mia fronte era tutta sudore, e il mio petto ansava con difficile anelito. Soffia il vento della notte e mi scompiglia le chiome ed agghiaccia il sudore che grondavami dalle guance. – Oh! da quell'ora mi sento per tutte le membra un brivido, le mani fredde, le labbra livide, e gli occhi erranti fra le nuvole della morte.
      Almeno costei non mi perseguitasse con la sua immagine, ovunque io mi vada, a piantarmisi faccia a faccia: perch'ella, o Lorenzo – perch'ella mi move qui dentro un terrore, una disperazione, una rabbia, una gran guerra – e medito talor di rapirla e di strascinarla con me nei deserti lungi dalla prepotenza degli uomini.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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