E che poteva io rispondergli quand'ei mi diceva sospirando e pregandomi: – Teresa è mia figlia! – Sì! divorerò nel rimorso e nella solitudine tutti i miei giorni: ma ringrazierò quella tremenda mano invisibile che mi rapì da quel precipizio donde io cadendo avrei strascinato meco nella voragine quella giovinetta innocente. E mi seguitava; ed io crudele andava pur soffermandomi, e voltando gli occhi guardando se affrettavasi dietro a' miei passi precipitosi – e mi seguitava; ma con animo spaventato, e con deboli forze. Che? Or non son io seduttore? – e non dovrò tormele eternamente dagli occhi? Potessi anzi nascondermi a tutto l'universo e piangere le mie sciagure! ma piangerli quando io gli ho esacerbati?
Niuno sa quale segreto sta sepolto qui dentro – e questo sudore freddo improvviso – e questo arretrarmi – e il lamento che tutte le sere vien di sotterra, e mi chiama – e quel cadavere – perché io, Lorenzo, non sono forse omicida; ma pur mi veggo insanguinato d'un omicidio13.
Spunta appena il giorno, ed io sto per partire. Da quanto tempo l'aurora mi trova sempre in un sonno da infermo! La notte non trovo mai posa. Poco fa io spalancava gli occhi urlando e guatandomi intorno come se mi vedessi sul capo il manigoldo. Sento nello svegliarmi certi terrori, simile a quegli sciagurati che hanno le mani calde di delitto. – Addio addio. Parto, e ognor più lontano. Ti scriverò da Bologna dentr'oggi. Ringrazia mia madre. Pregala perché benedica il suo povero figliuolo. S'ella sapesse tutto il mio stato! ma taci: su le sue piaghe non aprire un'altra piaga.
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Teresa Lorenzo Bologna
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