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      Per noi dunque quale asilo più resta, fuorché il deserto, e la tomba? – e la viltà! e chi più si avvilisce più vive forse; ma vituperoso a se stesso, e deriso da quei tiranni medesimi a cui si vende, e da' quali sarà un dì trafficato.
      Ho corsa tutta Toscana. Tutti i monti e tutti i campi sono insigni per le fraterne battaglie di quattro secoli addietro; i cadaveri intanto d'infiniti Italiani ammazzatisi hanno fatte le fondamenta a' troni degl'Imperadori e de' Papi. Sono salito a Monteaperto dove è infame ancor la memoria della sconfitta de' Guelfi16. – Albeggiava appena un crepuscolo di giorno, e in quel mesto silenzio, e in quella oscurità fredda, con l'anima investita da tutte le antiche e fiere sventure che sbranano la nostra patria – o mio Lorenzo! io mi sono sentito abbrividire, e rizzare i capelli; io gridava dall'alto con voce minacciosa e spaventata. E mi parea che salissero e scendessero dalle vie dirupate della montagna le ombre di tutti que' Toscani che si erano uccisi; con le spade e le vesti insanguinate; guatarsi biechi, e fremere tempestosamente, e azzuffarsi e lacerarsi le antiche ferite. – O! per chi quel sangue? il figliuolo tronca il capo al padre e lo squassa per le chiome – e per chi tanta scellerata carnificina? I re per cui vi trucidate si stringono nel bollor della zuffa le destre e pacificamente si dividono le vostre vesti e il vostro terreno. – Urlando io fuggiva precipitosamente guatandomi dietro. E quelle orride fantasie mi seguitavano sempre – e ancora quando io mi trovo solo di notte mi sento attorno quegli spettri, e con essi uno spettro più tremendo di tutti, e ch'io solo conosco.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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