– E perché io debbo dunque, o mia patria, accusarti sempre e compiangerti, senza niuna speranza di poterti emendare o di soccorrerti mai?
Milano, 27 Ottobre
Ti scrissi da Parma; e poi da Milano il dì ch'io ci giunsi: la settimana addietro ti scrissi una lettera lunghissima. Come dunque la tua mi capita sì tarda, e per la via di Toscana d'onde partii sino dai 28 Settembre? mi morde un sospetto: le nostre lettere sono intercette. I governi millantano la sicurezza delle sostanze; ma invadono intanto il secreto, la preziosissima di tutte le proprietà: vietano le tacite querele; e profanano l'asilo sacro che le sventure cercano nel petto dell'amicizia. Sia pure! io mel dovea prevedere: ma que' loro manigoldi non andranno più a caccia delle nostre parole e de' nostri pensieri. Troverò compenso perché le nostre lettere d'ora in poi viaggino inviolate.
Tu mi chiedi novelle di Giuseppe Parini: serba la sua generosa fierezza, ma parmi sgomentato dai tempi e dalla vecchiaja. Andandolo a visitare, lo incontrai su la porta delle sue stanze mentre egli strascinavasi per uscire. Mi ravvisò; e fermatosi sul suo bastone, mi posò la mano su la spalla, dicendomi: Tu vieni a rivedere quest'animoso cavallo che si sente nel cuore la superbia della sua bella gioventù; ma che ora stramazza fra via e si rialza soltanto per le battiture della fortuna. – E' paventa di essere cacciato dalla sua cattedra, e di trovarsi costretto dopo settanta anni di studj e di gloria ad agonizzare elemosinando.
Milano, 11 Novembre
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