Il dì seguente me ne parlò; ed io vidi come questo accidente le aveva prostrato il coraggio con che dianzi essa avea sostenuta la partenza del suo figliuolo.
Onde per acquetarla mi deliberai di accompagnarlo sino ad Ancona; e promisi che le scriverei giornalmente. Esso frattanto tornavasi a Padova, e smontò in casa del professore C***, dove riposò il resto della notte. La mattina accomiatandosi, gli furono dal professore esibite lettere per alcuni gentiluomini delle isole già Venete i quali nel tempo addietro gli erano stati discepoli. Jacopo né le accettò, né le rifiutò. Tornò a piedi a' colli Euganei, e ricominciò a scrivere.
Venerdì, ore 1
E tu, Lorenzo mio – leale e unico amico – perdona. Non ti raccomando mia madre; ben so che avrà in te un altro figliuolo. O madre mia! ma tu non avrai più il figlio sul petto del quale speravi di riposare il tuo capo canuto – né potrai riscaldare queste labbra morenti co' tuoi baci? e forse tu mi seguirai! – Io vacillava o Lorenzo. Or è questa la ricompensa dopo ventiquattro anni di speranze e di cure? Ma sia cosi! Iddio che ha tutto destinato non l'abbandonerà – né tu! Ah finché io non bramava che un amico fedele, io vissi felice. Il cielo te ne rimeriti! Ma e tu pure non ti aspettavi ch'io ti pagassi di lagrime. Pur troppo ti pagherei a ogni modo di lagrime! or tu non proferire sulle mie ceneri la crudele bestemmia: Chi vuol morire non ama nessuno – Che non tentai sopra di me? che non feci? che non dissi a Dio? ah la mia vita pur troppo sta tutta nelle mie passioni; e se non potessi distruggerle meco – oh a che angosce, a che spasimi, a quanti pericoli, a quali furori, a che deplorabile cecità, a che delitti non mi strascinerebbero a forza!
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