Se mentre io viveva era colpa per te l'ascoltarmi; ascoltami almeno in queste poche ore che mi disgiungono dalla morte; e le ho riserbate tutte a te sola. Avrai questa lettera quando io sarò sotterrato; e da quella ora tutti forse incomincieranno ad obbliarmi, finché niuno più si ricorderà del mio nome – ascoltami come una voce che vien dal sepolcro. Tu piangerai i miei giorni svaniti al pari di una visione notturna; piangerai il nostro amore che fu inutile e mesto come le lampade che rischiarano le bare de' morti. – Oh sì, mia Teresa; dovevano pure una volta finir le mie pene; e la mia mano non trema nell'armarsi del ferro liberatore, poiché abbandono la vita mentre tu m'ami, mentre sono ancora degno di te, e degno del tuo pianto, ed io posso sacrificarmi a me solo, ed alla tua virtù. No; allora non ti sarà colpa l'amarmi; e lo pretendo il tuo amore; lo chiedo in vigore delle mie sventure, dell'amor mio, e del tremendo mio sacrificio. Ah se tu un giorno passassi senza gettare un'occhiata su la terra che coprirà questo giovine sconsolato – me misero! io avrei lasciata dietro di me l'eterna dimenticanza anche nel tuo cuore!
Tu credi ch'io parta. Io? – ti lascierò in nuovi contrasti con te medesima, e in continua disperazione? E mentre tu m'ami, ed io t'amo, e sento che t'amerò eternamente, ti lascierò per la speranza che la nostra passione s'estingua prima de' nostri giorni? No; la morte sola, la morte. Io mi scavo da gran tempo la fossa, e mi sono assuefatto a guardarla giorno e notte, e a misurarla freddamente – e appena in questi estremi la Natura rifugge e grida – ma io ti perdo, ed io morrò. Tu stessa, tu mi fuggivi; ci si contendeano le lagrime.
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Teresa Natura
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