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      – E non t'avvedevi tu nella mia tremenda tranquillità ch'io voleva prendere da te gli ultimi congedi, e ch'io ti domandava l'eterno addio?
      Che se il Padre degli uomini mi chiamasse a rendimento di conti, io gli mostrerò le mie mani pure di sangue, e puro di delitti il mio cuore. Io dirò: Non ho rapito il pane agli orfani ed alle vedove; non ho perseguitato l'infelice; non ho tradito; non ho abbandonato l'amico; non ho turbata la felicità degli amanti, né contaminata l'innocenza, né inimicati i fratelli, né prostrata la mia anima alle ricchezze. Ho spartito il mio pane con l'indigente; ho confuse le mie lagrime alle lagrime dell'afflitto; ho pianto sempre su le miserie dell'umanità. Se tu mi concedevi una patria, io avrei speso il mio ingegno e il mio sangue tutto per lei; e nondimeno la mia debole voce ha gridato coraggiosamente la verità. Corrotto quasi dal mondo, dopo avere sperimentati tutti i suoi vizj – ma no! i suoi vizj mi hanno per brevi istanti forse contaminato, ma non mi hanno mai vinto – ho cercato virtù nella solitudine. Ho amato! tu stessa, tu mi hai presentata la felicità; tu l'hai abbellita de' raggi della infinita tua luce; tu mi hai creato un cuore capace di sentirla e di amarla; ma dopo mille speranze ho perduto tutto ed inutile agli altri, e dannoso a me, mi sono liberato dalla certezza di una perpetua miseria. Godi tu, Padre, de' gemiti della umanità? pretendi tu che sopporti miserie più potenti delle sue forze? o forse hai conceduto al mortale il potere di troncare i suoi mali perché poi trascurasse il tuo dono strascinandosi scioperato tra il pianto e le colpe?


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





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