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      Entrò ansante nel giardino di casa T*** mentre Teresa scendeva per uscire di casa con suo marito, il quale appunto dicevale come dianzi avea risaputo che in quella notte Jacopo non era altrimenti partito; ed ella sperò di potergli dire addio un'altra volta: e scorgendo il servo da lontano voltò il viso verso il cancello donde Jacopo soleva sempre venire, e con una mano si sgombrò il velo che cadevale sulla fronte, e rimirava intentamente, costretta da dolorosa impazienza di accertarsi s'ei pur veniva: e le si accostò a un tratto Michele domandando aiuto, perché il suo padrone s'era ferito, e che non gli parea ancora morto: ed essa ascoltavalo immobile con le pupille fitte sempre verso il cancello: poi senza mandare lagrima né parola, cascò tramortita fra le braccia di Odoardo.
      Il signore T*** accorse sperando di salvare la vita del suo misero amico. Lo trovò steso sopra un sofà con tutta quasi la faccia nascosta fra' cuscini: immobile, se non che ad ora ad ora anelava. S'era piantato un puguale sotto la mammella sinistra ma se l'era cavato dalla ferita, e gli era caduto a terra. Il suo abito nero e il fazzoletto da collo stavano gittati sopra una sedia vicina. Era vestito del gilè, de' calzoni lunghi e degli stivali; e cinto d'una fascia larghissima di seta di cui un capo pendeva insanguinato, perché forse morendo tentò di svolgersela dal corpo. Il signore T*** gli sollevava lievemente dal petto la camicia, che tutta inzuppata di sangue gli si era rappresa su la ferita. Jacopo si risentì; e sollevò il viso verso di lui; e riguardandolo con gli occhi nuotanti nella morte, stese un braccio, come per impedirlo, e tentava con l'altro di stringergli la mano – ma ricascando con la testa su i guanciali, alzò gli occhi al cielo, e spirò.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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