Non si può negare che interpretare e raccontare i propri sogni richieda un alto grado di autodisciplina. Si è costretti ad emergere come l'unico mascalzone tra una folla di persone nobili con le quali si divide la vita.
Ci siamo trovati di fronte all'interrogativo, se la mente impieghi tutte le sue facoltà senza riserve per la formazione dei sogni o solo una parte di esse funzionalmente limitata. Le nostre indagini ci inducono a rifiutare interamente la forma in cui è stata posta questa domanda, poiché date le circostanze essa risulta inadeguata. Ma se dovessimo rispondere alla domanda nei termini in cui è stata posta, saremmo costretti a rispondere in senso affermativo ad entrambe le alternative, anche se apparentemente si escludono a vicenda.
L'affermazione fatta in questi termini perentori (“Tutto ciò che interrompe il progresso del lavoro onirico è una resistenza”) è facilmente aperta ai malintesi. Naturalmente si deve prendere solo come una regola tecnica, come un avvertimento agli analisti. Non si può confutare che nel corso dell'analisi si possono verificare diversi eventi non imputabili alle intenzioni del paziente. Il padre può morire senza che egli lo abbia assassinato, o può scoppiare una guerra che interrompe l'analisi. Ma al di là dell'evidente esagerazione, l'affermazione sostiene qualcosa di nuovo e di vero. Anche se l'evento che causa l'interazione è reale e indipendente dal paziente, dipende spesso da lui l'entità dell'interazione che provoca; e la resistenza si rivela inequivocabilmente nella prontezza con !a quale accetta un fatto di questo genere e nell'abuso che ne fa.
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