Il sentimento più pericoloso per uno psicoanalista è l'ambizione terapeutica di conseguire, grazie a questo nuovo metodo assai discusso, dei risultati tali da esercitare un'opera di convincimento sugli altri. Ciò non soltanto lo metterà in uno stato psichico sfavorevole al suo lavoro, ma lo renderà impotente di fronte a talune resistenze del paziente la cui guarigione, come è noto, dipende innanzi tutto dall'interazione delle forze operanti in lui.
Un chirurgo dei tempi andati aveva preso questo motto: “Je le pensai, Dieu le guèrit”. [“Io ci feci un pensiero, Dio lo guarì.”] L'analista dovrebbe sentirsi pago di qualcosa di simile.
Il medico deve essere impenetrabile per il malato e, come uno specchio, non deve rivelare al paziente altro che la sua stessa immagine. È vero però che, in pratica, non abbiamo nulla da ridire su uno psicoterapeuta che combini un certo quantitativo di analisi con una certa influenza suggestiva al fine di conseguire un risultato palpabile in un tempo più breve, come è necessario, per esempio, nelle case di cura. Ma in tal caso si ha il diritto di affermarsi pienamente consapevoli di ciò che si sta facendo e si deve sapere che questo metodo non è conforme alla vera psicoanalisi.
Dal punto di vista della civiltà, una certa diminuzione della potenza virile e della brutale aggressività in essa racchiusa è anzi positiva. Facilita agli uomini civilizzati la pratica delle virtù della moderazione e della fedeltà sessuali a cui sono tenuti. È assai difficile essere virtuosi quando si dispone di una prepotente virilità.
| |
Dieu Dio
|