Considerai, che quel mistico Giacobbe, colmo di benedittioni celesti, e quella Tomba vitale, esuberante di rugiade gratiose, feriano olezzando il fiato de' miei delitti, ch'evaporavano co' miei sospiri, e colle mie lagrime si struggevano. Spezzai contrito il mio cuore su quell'avello, che perciò franse un macigno l'altro, e su quella ferma pietra, la quale forma il piedistallo ad una colonna di alabastro, così sublime, ch'ivi regge in terra il Paradiso curvato a beneficio del Mondo Cattolico, stabilij solla mia salvezza già dirupata, nonché vacillante, il proponimento d'essere sempre più divoto di Antonio, mio singolarissimo tutelare. Serviti dunque, o Lettore, di questo avviso per istruttione della tua ricorrenza ad una fontana di miracoli tanto innesausti.
Vorrei qui hora haver Geografica Penna, ma che mi servisse di carta il Cielo, per delineare quel robustissimo Atlante della Fede Cattolica, il gran XAVERIO Apostolo dell'Indie Orientali, tanto tempo perdute, su quelle sue infaticabili spalle, che furono tutte petto, il Mondo trovato. Che dissi spalle? Sbagliai. Portollo in testa, se pure non fu [59] nel cuore: Vero Colombo, che in competenza più felice di quel famoso Ligustizo, recò a' que' Popoli tetri l'ulivo colla Pace Vangelica, più che altro non trasse della conquiste degli Occidentali l'Alloro, e l'oro col Ferro Martiale. Invittissimo Alfiere di quella gran Compagnia di GESÙ, che tutto giorno, e colle Lettere l'Ignoranza, e colla Santità sconfigge l'Inferno. Felici que' tutti, che di Campion così bravo ricovransi all'ombra tanto luminosa, e sicura.
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