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      Volarono le fuggitive Cervette, più che non corre la mia Penna sulle di lui Glorie, a rifugiarsi alli di lui piedi, che per non dar mai in alcun inciampo, promettevano certa la sicurezza. Né qui toccherò le Vespe moleste, che da lui minacciate si ricovrarono altrove a logorare i lor pungoli, & a consumarsi in sussurri; non convenendo, che allignassero vicine a quest'Ape ingegnosa, che nelle cellette del suo dolcissimo Cuore, candido più della Cera Hiblea, fabbricava il Mele del Paradiso.
      Non dirò degli Uccelli famelici di rapina, che insidiati, al posarsi, sul di lui pugno, furo non meno parchi, che salvi, compiacendosi più tosto di digiunar con Esso astinenti, che d'infierir nell'aria rapaci.
      Lascio addietro le Serpi livide, da lui trasportate, a piene maniche, per più di un miglio a vomitar'in erma foresta il veleno, come tocche da quelle mani, che tanti Farmachi medicinali, e così antidotali Rimedij sempre stillarono.
      Non fo comparire schierat'i Tori feroci, [81] che nella di lui mansuetudine morbida rintuzzarono le corna cozzanti, e piegat'i colli si sottoposero dimestici al Giogo. A questi accozzerò il Demonio, quel gran Bue, che prima Cherubino, affettò superbo il soglio sopra le Stelle, & hor confinato nelle Stalle d'Averno rumina tanto fuoco quanto hebbe fumo: quegli fu lungamente fatto lavorare dal Santo, che ridusse una volta ad edificare colui, che sempre distrugge.
      Mi arresta la riflessione l'intendere, ch'Egli ancora, come scherzando (a dinotar la facilità de' Miracoli) soleva apparire Miracoloso per vezzo trattando le Maraviglie.


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I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula
di Francesco Fulvio Frugoni
1681 pagine 413

   





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