I Miracoli, ch'Egli fe' in quel Paese, nel di lui Soggiorno felicitato, furono tanto più vigorosi, quanto più si avvalora il Moto avvicinandosi al fine.
Sciolse colla Scienza infusa, Saggio Idiota, le Quistioni difficili, propostegli da due Classici Dottori della Famosa Sorbona, a' quali cattenò il cuore di modo, che gli furono poi Protettori benefici, se prima l'haveano assalito Fiscali importuni.
Non presentossi alcun Egro a' suoi piedi; o non presentossi Egli di alcuni di essi al Capezzale, che non ne partissero, o non ne rimanessero tutti sanati; Né riccorse Afflitto al di lui Consiglio, che non se ne ritornasse contento. Egli era un Giardino di Semplici per ogni Morbo, un Favo di Mele per ogni Assentio.
Ogn'uno procurava di toccarlo, come già feano le Turbe verso il Salvatore, che havea nel suo Servo trasfusamente infusa la Virtù di curar gli Ammalati, e di risuscitar, se non se come Pietro i Morti, coll'ombra del suo Corpo, colla luce della sua Santità, che sarà sempre da' Posteri venerata Prodigiosa.
Santità; ma non di superficie; non di [98] cerimonia, non d'inorpellatura: Di fondo, di proposito, di valuta. Troppo abborriva FRANCESCO gl'Hipocriti, per divenirne l'Imagine. Non curvava il collo per pescar credito a capo chino: L'Età piegar glielo fe', non l'Hipocrisia. Non disvelava mai mesto il volto, per accreditarsi Austero: La Giovialità gli rideva sul labro, gli brillava nell'occhio, per contrasegno, che sempre si rallegrava con Dio. Non mormorava degli altrui diffetti, ma li compativa, e quando non valeva a correggerli cogli avvisi, colle lagrime gli scancellava.
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