Oh Dio come impallidìal riverberare di quella Carta funesta, che senza le note supposte il fe' cadere di tuono, trovandosi senza colpa dannato, e senza fallo fallito! Già stava per perdere in quelle righe intrigate, come in un Laberinto [118] mortale, dopo la parola la Sede, dopo la Facultà, la riputatione; e quando meno per sentirselo tramutare in una Carcere oscura fino alle tenebre della Tomba. Ma non mancogl'in FRANCESCO un Dedalo, che invocato gli porse il Filo per farnelo uscire felicemente. Spinto dalla Confidenza vivace, più, che dagli stimoli del suo dolore mortifero, corse l'Afflitto alla Chiesa della Vittoria, per non restar'isconfitto dal suo Disgusto, e boccone gittandosi dinanzi la Statua dell'usato, ma sempre più nuovo suo Protettore, stemprò co' caldi singhiozzi il cuore, stillò gli affetti in lagrimose preghiere; e da fatidico impulso incitato, pose segretamente in una manica del Santo le sue Scritture; indi partissi, ma solo col piede, lasciando l'anima col pensiero nelle mani del Supplicato. Ritorna il giorno appresso, e si ripiglia l'Invoglio, non so, se col braccio più riverente, o tremante: Rassegna que' fogli coll'occhio tra palpitoso, e sereno: gli scorre colla mano tra timida, e lenta: Incontra, e vede la Cedola (oh prodigio!) colla sottoscrittione del Re signata. A quella Firma miracolosa gli si confermò il cuore, da quell'Inchiostro acquistò la sua candidezza col credito già scancellato, e da que' Caratteri, come se fossero Magici, ma Celesti, gli furono restituiti gli Spiriti già perduti.
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