Parlo di quel Rossetti, che fe' arrossir l'Invidia col suo candore, e pria, che li pungesse la lanugine il mento trafisse l'Ignoranza con le acutezze Scolastiche del suo ingegno fiorito. Quello, che rende più grave la Porpora col suo sapere, più fulgida col suo splendore, più maestosa col suo portamento, più venerabile col suo decoro, più sensata col suo giudicio, e [193] più sacra colla sua Pietà. Pietà, che serve di specchio a Faenza, religiosamente rabbellita in osservarlo con una riverente osservanza, aggiunger riflessi alla mitra colla sua luce, e lustro al Pastorale colla sua mano. Pietà, che singolarissima sfolgora verso di FRANCESCO, cui ha fatto nel suo gran cuore un tempio, e nella sua divotissima mente un Sacrario. Non tralignante da esso si acclama l'ingegnosissimo, il compitissimo suo Nipote Francesco Marchese Rossetti fiore de' Cavalieri, & honor delle Muse fiorite delle quale è la Pecchia soave, poiché nell'alveare di un Gabinetto mellifica con l'acume della sua vena melodiosa, e fa rimbombar le scene con l'argutezza della sua dolcissima vena. E perché le Muse son per lo più delle Gratie compagne, singolarmente quando volano senza fuchi, essendo l'Api sempre amiche de' fiori, & i fiori sposi dell'Api, a questa Pecchia di Pimpla è toccato in sorte Consorte un Fiore di Saba: voglio dir che alla Musa del Marchese Rossetti, si accompagna una Gratia nella nobilissima Giulia Trotti, che ben si può chiamar fior di Saba per la fragranza delle Virtù, e per lo spirito della Pietà; e ben si può dir Gratia perché celeste, & ornata di tutti que' fregi, che decorono una modestissima, & esemplarissima Dama.
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