Ma tronchiam perché digressivo l'Elogio, e trattiam della Divotione di Mauritio singolarissima verso FRANCESCO. Mauritio, che candido qual Ermellino di genio, si adagiò sovente co' suoi ricorsi a FRANCESCO in grembo. A FRANCESCO appunto parea, che disponesse di donar'il suo cuore, perché frequentemente moveva i passi ne' di lui Claustri, e parea, che dicesse con affabil sorriso: Hor'il lascio, hor'il depongo qui dove ha destinato il Cielo, che sia sepolto. Ma se FRANCESCO era il tesoro spiritual di Mauritio, ben conveniva, che presagisse, che presso di FRANCESCO depositar doveva il suo cuore. Anche più alla lettera si può intendere ciò, che testè ho detto, perché vivendo Mauritio cominciò a diffonder'il suo tesoro nella Chiesa di FRANCESCO, impiegandolo in far sorgere una sontuosa Cappella, a Nostra Dama del buon [206] soccorso: Quivi dunque conveniva, che il di lui cuore havesse il proprio suo luogo, perché ubi thesauras vester est ibi, & cor vestrum erit.
A questi due gran cuori, se ben' estinti ancor luminosi, succedeano nell'elogio due altri gran cuori avvampati tutti di gloriosissimo ardore. Io so ben, che l'esperto Lettore mi prende al motto, e capisce subito, ch'io favello de' due Serenissimi Principi Filiberto, & Eugenio, il primo Principe di Carignano, & il secondo Conte di Soessone, Figli dell'invittissimo Principe Francesco Tomaso di Savoia, il Marte Alpino, dell'Alpi assai più candido, e forte. Egli che fra' suoi principalissimi Tutelari annoverò FRANCESCO, di cui ostentava più con l'opere, che col vanto religiosissimo il nome, trasfuse col Sangue nella sua Prole augusta non meno la Pietà, che il valore.
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