Ogn'un è solito ad abbandonare il Povero, perché questi non ha che donare, e come da vecchia, e rovinosa Casaccia, ogn'un ne passa lontano per timore, che non gli cada in testa. Chi non ha Giove chiuso nell'Arca, e stillatogli in pioggia d'oro nel grembo, è cacciato via da' Conviti, come un Vulcano [386] affumato, costretto a zoppicare affamato. Nelle Corti non entra la Povertà, che fu anche favoleggiata star alla porta giù dell'Inferno, perché fra tanti Pavoni, & Avoltoi, che s'aggirano nelle Reggie non istà ben quell'Oca spennata; e fra tanti, che merleggiano lusinghieri, non ben s'intrude una così garrula Gazza. Oh come Sparuta cagiona horrore a chiunque non la vuol seco, perché l'Avaritia tanto amica di mugnere, e scorticare incontra senza pelle, né latte la Povertà, che come Fantasma errante, Scheletro nudo, e Larva odiata si aggira, e perciò la schernisce, e discaccia.
A questa nulladimento si strinse il Verbo humanandosi; e benché fosse il Rege dell'Universo, non fe' la sua Entrata nel Mondo, che in Equipaggio di Mendicante. Limosinò la Culla, & hebbe per Trono un Presepe. Il fieno tappezzogli agreste la Stanza, & un Giumento infingardo fu il Cameriere. Accorsero Bifolchi Montani al Corteggio del Principe della Gloria, ristretto, in povere fascie, e necessitoso, per iscaldarsi, dell'alito di un Giovenco. O Prodigio! O Stupore! In così strano Apparecchio fiammeggiò fulgido l'Amor Divino, della Povertà innamorato, ne' suoi Cenci così luminoso, che tanto non brilla il Sole nel Cielo, fra quelle nubi squarciate, che procurano di oscurarlo.
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