Oh quanti Tantali tu lusinghi famelici, & assettati colla frutta sul labro, e coll'onda alla gola? Oh quant'Issioni tu riscuoti, che non si fermano mai, e perciò non han mai riposo, e mai nella tua Ruota non inchiodano la Fortuna, che li crocifigge, non li risuscita! Oh quanti Sisifi ti portano sulle spalle, e quando pensano di haverti fissata; come Pietra Filosofale, teco ripiombano all'imo delle sciagure? Oh quanti Titij hanno da te divorate le viscere sempre rinascenti a patire per un bene, che non genera solo, che [419] pene, perché prodotto da' Patimenti!
Non è, non è così la Patienza, che si ha per Dio, per essere la medesima, che Iddio hebbe, e quella appunto, che tanto illustrò FRANCESCO in limargl'il cuore: Tutta diversa da quella, che rodendo più il Peccatore, anche più l'oscura.
Ma non più, non più. La sola confusione proceduta dall'esito degl'Interessi mondani ci debbe convincere, già che non ci può vincere quella Patienza, che ci fa trionfare vincendoci. Hor tu, se brami di salvare l'anima tua, in tanti naufragi, attaccati ad uno Scoglio così stabile come la Patienza, dimanda una Virtù così necessaria alla tua Salvezza con questi
AFFETTI AL CROCIFISSO.
O mio Patientissimo Amante; e tanto Amante, quant'Io Ingrato, Voi tutto cinto di Spine, & Io nelle Rose tutto sommerso! Voi nelle Piaghe, & Io ne' piaceri! E pur vi miro, e non piango? E pur vi contemplo, e non gemo? Non gemo, perché son di sasso, per non amarvi, per non patire. Son di Sasso per voi, e son così molle per questa mia Carne Pietra di Scandalo.
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